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16 maggio 2008

LA MENSA ROMANA


Di buon’ora, appena sveglio e senza neanche lavarsi le mani, il Romano consuma uno dei due pasti della giornata, una colazione sostanziosa a base di pane e formaggio, frutta e carne. Si tratta spesso degli avanzi della cena del giorno prima, che gli invitati ad un banchetto possono portarsi a casa in un cestino. Sbrigati i primi affari, si dedica al prandium, lo spuntino della tarda mattinata, sobrio e veloce. L’evento culinario della giornata si svolge invece al pomeriggio, quando il Romano abbiente, dopo il consueto bagno alle terme, e quindi verso le tre o le quattro del pomeriggio, si siede comodamente a tavola fino al calare del sole. Qui le portate sono numerose, fino a sei, ognuna con una serie svariata di piatti. Nella cena normale dopo l’antipasto - gustatio - seguono le portate principali di carne e pesce e si chiude con le secundae mensae, cioè i dessert. La serata continua con il simposio, in cui alla mescita di vino - sempre annacquato - si accompagna ancora qualche cibo, come i porri, che stimolano la voglia di bere. Una serie di norme di buona educazione e di etichetta regola la cena, anche rispetto alla disposizione dei posti a tavola. Nel triclinio (sala da pranzo), infatti, il padrone di casa fa disporre i letti tricliniari, su cui i convitati si distendono a due o tre, sostenedosi con il braccio sinistro piegato. In tal modo la mano destra è libera di afferrare i cibi dai bassi tavolini accuratamente imbanditi davanti agli ospiti.

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